Note critiche
Hanno scritto di Nino Bellia, tra gli altri, Dino Ales, Nina Ales Scurti, Giuseppe Bagnasco, Augusto Baracchini Caputi, Michele Buonanni, Enzo Campisi, Giovanni Cappuzzo, Cenzi Caruso, Giuseppe Cavarra, Gaetano Cipolla, Nino Cirincione, Francesco Federico, Giuseppe Fumia, Aldo Librizzi, Nino Longo, Dorothea Matranga, Giuseppe Mendola, Vincenzo Mirisola, Carlo Montarsolo, Vincenzo Montarsolo, Rinaldo Prieri,Carlo Puleo e Antonino Russo.
RECENSIONE OPERA FOTOGRAFICA DI NINO BELLIA
di Dorothea Matranga
Recensire una fotografia, in special modo il primo piano di un volto che ne evidenzia particolari e tratti somatici, nella scelta cromatica del bianco e del nero, non è facile, né una strada percorribile senza precise linee guida che conducono in due distinte direzioni. Una, che segue l'esposizione alla luce, con i giochi di contrasto che un abile fotografo sa come utilizzare al meglio, nel creare zone d'ombra più o meno intense, e zone più luminose, senza le quali l'intento originario, la messa a fuoco del soggetto, per catturarne ogni sfumatura del suo carattere e delle sue fattezze, andrebbe fallito, non producendo gli effetti sperati dell'iniziale progetto, preposto a priori. L'altra direzione è quella che la mano esperta del fotografo riesce a cogliere in quegli aspetti fondamentali e necessari, perché la foto risulti una foto con tutte le carte in regola per essere, non una foto come tante, ma "la foto" per eccellenza, quella che ti rimane nell'anima, e ti colpisce per le sensazioni che trasmette. Detto questo, premetto che siamo di fronte all'arte fotografica di un vero maestro di fotografia, il già noto negli ambienti del settore di Nino Bellia, grande amico, che conosco molto bene, a cui va riconosciuta una speciale maestria nell'arte fotografica, sia che si tratti di una foto in bianco e nero, di foto di ritratti, oppure di foto a colori, e rappresentazioni di ambienti naturali, oppure di semplici particolari messi a fuoco con mano abile ed esperta, sia per l'esperienza maturata sul campo, che per la capacità che deriva da un talento naturale. La foto in bianco e nero che sottopone al nostro esame è quella di un uomo anziano che indossa il tipico copricapo in uso da noi in Sicilia, la cosiddetta "Coppola". La foto, in bianco e nero, non è una foto scattata prima a colori e poi convertita, ma è pensata già in bianco e nero sin dall'inizio. In una foto in bianco e nero ci si concentra maggiormente sul soggetto prescelto, che assorbe tutta l'attenzione dello spettatore, diventando poi pienamente autonoma dal suo creatore, sapendo attirare su di sé ogni curioso sguardo, e facendo nascere una particolare atmosfera, sapendo suscitare emozioni e sensazioni in ogni dettaglio, in ogni angolo che sia pervaso dalla luce oppure che sia in ombra. Nulla è casuale nella tridimensionalità, nulla sfugge all'osservatore attento e appassionato. La foto trasmette delle vere e proprie vibrazioni, attirando come una calamita chi guarda, che entra quasi a far parte di quell'arte, penetrandovi nell'assorta meditazione. Nella fotografia sottoposta alla nostra attenzione l'esposizione alla luce giunge da destra, e il forte contrasto tra gli indumenti dell'uomo, di colore nero, e la luce, mettono maggiormente in mostra sia i particolari del viso che le sue mani, entrambe danno l'impressione di sostenere il peso del volto. Le mani, nell'atteggiamento di tenere il volto, hanno quasi i pugni chiusi. La foto evidenzia con grande precisione la peluria canuta, qualche inestetismo della pelle delle mani, rimaste solide malgrado il tempo, i tendini contratti, e le articolazioni delle dita che nel tempo hanno subito, per l'anzianità, deformazioni visibili, si notano nel modo di piegare i polsi. Il volto mostra rughe profonde, specie tra gli occhi, mostrando il corruccio, e nella loro lucentezza, una pupilla accesa. Anche le folte sopracciglia denotano la posa concentrata. Sulle gote, due rughe a mo' di solchi, circondano la bocca seminascosta da una barba brizzolata. Il copricapo, la coppola, lascia in evidenza i capelli ancora folti sopra le grandi orecchie, ma visibile è solo l'orecchio destro dal grande padiglione auricolare. Nell'insieme, il volto, trasmette la pesantezza della senescenza, il dolore, la vulnerabilità, la solitudine, i vuoti della sua esistenza, anche se nell'immagine molto evidente è la sua grande dignità, la dignità di un uomo che certamente ha impegnato la sua intera vita nel lavoro della campagna. In primo piano sono pure le sue lenti, di abbondante gradazione e la posta ricevuta, che stava leggendo, e di cui ha sospeso la lettura per essere ritratto. La parte sinistra della foto sullo sfondo è sfocata per dare ampio spazio di concentrazione al punto di vista centrale del mezzobusto. Quindi direi che l'opera, nella sua simmetria, può essere divisa in due parti, con prevalenza di esposizione alla luce a destra e in ombra a sinistra, per enfatizzare gli elementi del volto e delle mani, che assicurano una magnifica, ben definita, prospettiva centrale.
Le foto come espansione interiore
Di Giuseppe Cavarra
I cataloghi, i dépliants e le pubblicazioni varie con cui Nino Bellia rende conto di quel che fa nella qualità di fotografo impegnato sollecitano ad ogni occasione di riordino interessi conoscitivi e curiosità intellettuali su molti fronti. Catanese di nascita, Bellia vive a Santa Flavia (PA). Le attività che svolge da oltre vent'anni fanno di lui un punto di riferimento per quanti si cimentano nel campo della fotografia. Sue foto continuano ad apparire su riviste specializzate, libri fotografici, cataloghi di mostre collettive e personali. A Bellia la fotografia serve per rappresentare il mondo in cui vive. Nulla di provvisorio nel suo operare, nulla di episodico, nulla da vedere alla stregua di un gioco evasivo o una pausa temporanea nella sua giornata. Ogni sua foto ha il sapore di una sosta utile ad una riflessione maturata fuori dai condizionamenti dell'occasionalità. Tutte le foto alla fine risultano altrettante ragioni di una più matura conoscenza. Visto nella sua globalità, il discorso da lui sviluppato risulta talmente organico, talmente controllato nel livello complessivo da annullare l'ipotesi di una costruzione episodica, anzi ogni foto finisce per configurarsi come tassello di un mosaico sapientemente effigiato su uno sfondo di consistenti rimandi culturali che l'Autore si adopera di documentare nella maniera più adeguata possibile. La Sicilia di Bellia non è "Sicilia per caso". La realtà isolana gli offre alcuni registri fondamentali del suo discorso: da una parte il paesaggio con le sue molte luci e i suoi colori abbaglianti; dall'altra parte la storia che con i suoi passi truci avanza e travolge l'uomo con tutte le sue cose. Non la Sicilia di certe cartoline illustrate dove la somma delle visioni non riesce mai ad organizzarsi autonomamente in sistema di pensiero, ma una Sicilia che disvela bassezze e contraddizioni facendosi breviario di esistenza. Di qua una Sicilia luminosa, solare, con le sue ampie marine e con i suoi cicli senza confini; di là l'altra Sicilia periferica, segreta, appartata, raccolta, in cui Bellia affonda l'occhio obbedendo ad una nozione di impegno che va al di là dei problemi e supera i limiti della contingenza. Sotto questo riguardo riteniamo che la mostra tenutasi a Termini Imerese nel settembre del 2002 e intitolata "I luoghi della memoria" rappresenti uno degli approdi più significativi dell'iter artistico di Nino Bellia. Avvertiamo in essa un senso doloroso del limite che segna la fine dell'utopico sogno dell'uomo di dominare la realtà della materia. Il mondo rappresentato in quella mostra è quello dell'anziano, la cui condizione si è fatta più tragica in seguito alla crisi della società tradizionale che, travolta nel vortice della tecnica, lascia sempre più l'individuo in una penosa solitudine. Proprio nella fase conclusiva della vita umana l'uomo si trova a risolvere da solo i suoi conflitti personali. L'armonia dell'individuo con se stesso si è spezzata e l'uomo non trova più la strada verso una soddisfacente relazione con gli altri e con tutto l'ambiente che gli sta intorno. Nelle foto di Bellia la ruga è il segno della fralezza tradotta in umana comprensione per il debole e in dolorosa accettazione delle ragioni della vita. Alla rugosità il colore non si addice: ad essa si confa il bianco e nero, ritenuto più idoneo a fissare la trama dei rapporti che intercorrono tra il fotografo e l'espansione interiore.
Rivista PAGNOCCO, maggio-agosto 2006 Giuseppe Cavarra
Antonino Bellia e le sue foto
d'Artista
di Antonino Russo, scrittore e critico, giugno 2018
Antonino Bellia, oltre ad essere stato per anni Presidente dell'Unione
Italiana Fotoamatori (UIF), è stato attivissimo organizzatore di mostre
fotografiche e di manifestazioni affini, tutte ritenute ad alto livello da
critici isolani ed italiani in genere.
La sua attività di fotografo è da sempre apprezzata per la
professionalità e l'impegno che mette nella cura degli scatti fotografici,
nella meticolosità della ricerca della posa ottimale e della luce adatta a
mettere in risalto il colore con le sue varie sfumature e il chiaroscuro
nell'uso del bianco e nero.
Nelle sue fotografie c'è la figura nella sua posa più caratteristica e
c'è l'atteggiamento che è indicativo di una situazione, ma anche di uno stato
d'animo.
Nelle foto di uomini e donne di una certa età è messo in risalto il
decadimento fisico della persona.
Nelle foto è possibile rilevare i segni fisici della vecchiaia e i suoi
riflessi nell'anima della persona, nei suoi comportamenti, nei gesti, nelle
espressioni del volto e del corpo intero.
Anche il corpo dei vecchi invia messaggi positivi o negativi e le foto
di Bellia li documentano.
I volti scavati raccontano più delle parole gli stati d'animo delle
persone. Esse sono in grado di dirci le gioie, i dolori, le preoccupazioni:
insomma sono lo specchio della situazione esistenziale delle persone
fotografate.
Ogni foto, più che un foglio stampato, è l'immagine di un monumento
umano.
Le foto che riprendono uomini al lavoro ne descrivono la sofferenza
nella fatica che è nello stesso tempo la pena e la gioia di vivere.
Nelle foto dei muri scrostati che mettono a nudo i vari strati di
intonaco e di successive colorazioni, sembra di avere la visione di opere di
arte astratta, tanto è articolata la varietà di linee e di colori che si
sovrappongono e s'intersecano.
Alcune foto danno l'idea di paesaggi fantastici, lunari o di altri
pianeti, che disegnano una sorta di carta geografica disegnata da un artista
moderno.
A volte sembra d'intravedere forme umane o di altri esseri. Altre volte
sembra di esplorare mondi fantastici. Alcune pareti scrostate con strati a
rilievo particolarmente in evidenza danno l'idea di un bassorilievo di opera
astratta. Altre volte sembra di osservare un coloratissimo e favoloso cielo
stellato che invece della luce bianca diffonde colori vari.
La stratificazione spesso crea delle caverne con colori che sembrano
uscire fuori dalla foto.
Nino Bellia, lo speleologo dell'anima
di Giuseppe Bagnasco , poeta e critico letterario, novembre 2017
Scrivere con la luce. Una definizione metaforica nella semantica dell'arte di fotografare. Infatti, così come gli scrittori si servono della penna per creare i loro personaggi, anche i fotografi servendosi del loro mezzo riescono a creare i loro, riuscendo attraverso le immagini a farli parlare pur restando muti. In fondo il leggere di un personaggio in un racconto e il guardare la foto di una singola persona è di sicuro differente, ma questo solo in apparenza. Ciò sta nel fatto che mentre nel racconto questo ce l'immaginiamo attraverso la descrizione che ne fa l'autore, nella foto tutto è già chiaro. Infatti le parole che lo scrittore mette in bocca al suo personaggio non sono dissimili dall'espressione di un viso in una foto. Ma c'è un particolare. A differenza delle foto con vedute o con coloriti paesaggi ( dai tramonti sul mare, ai prati in fiore), che riescono comunque a suscitare emozioni da bellezza, è nell'immortalare le persone, le loro posture, i volti segnati dalle loro rughe, lo sguardo smarrito nelle sofferenze e soprattutto, nel saper tirare "fuori" quel che si addensa nel loro "dentro", che possiamo dire di come ci troviamo davanti una vera e propria arte. E Nino Bellia appartiene a quanti praticano quest'arte. Un'arte che, sebbene per motivi temporali, non può far parte delle Nove Muse della mitologia greca, tuttavia la possiamo ben accogliere come figlia di Calliope, la Musa della poesia epica e lirica. E ben si adattano questi termini alle foto di Nino Bellia dal momento che in esse si intravede quel lirismo poetico che ben si addice al figlio di un poeta, quale fu il Gaetano Bellia del primo dopoguerra. Il Nostro, servendosi della sua "penna", cattura le immagini nell'attimo stesso in cui la sua verve artistica lo induce a coglierne il momento. E per far questo prima dell'obiettivo ottico artificiale usa, per mettere a fuoco il soggetto, quello naturale. Ma l'occhio da solo non basta e sarebbe nullo il suo apporto dal momento che esiste una distinzione tra il guardare e il vedere, tra uno sguardo e il "sentire" quell'emozione che perviene direttamente dal cuore, dalla sensibilità del suo profondo. Si tratta quindi di un collegamento diretto tra il campo visivo e l'interpretazione che trasmette il sentimento con l'emozione che questo provoca. Senza questa connessione non nascerebbe quella foto d'arte di cui è maestro Nino Bellia. I volti e le figure che lui ritrae appartengono tutte a persone di una specifica condizione nonché datate dal tempo. L'uso del bianco-nero per immortalare una evidente sofferenza o una non altrimenti decifrabile espressione di un volto, è proprio quello che maggiormente consente di metterne in risalto lineamenti, rughe, pieghe, perfino il languore di uno sguardo o il motteggiamento di una bocca. E' questo l'assunto racchiuso nelle foto dell'Autore, una vera speculazione nell'indagare sullo stato d'animo delle persone ritratte con il fine ultimo di far sì che i volti parlino. Però sul disquisire di questi c'è da distinguere tra foto e foto, perché in quelli "scoperti" dall'artista, originario di Motta Sant'Anastasia e bagherese d'adozione, c'è veramente lo specchio della loro anima. E sono anime sofferenti, anime pensanti, anime assorte quasi senza futuro, anime come fossero in attesa. In fondo le foto di Nino Bellia sono una vetrina di vite, un album di vite tanto incisive da lasciare in meditazione chi lo sfoglia. Insieme a queste ce ne sono alcune, diremmo statiche e mute, che testimoniano varie attività lavorative del tempo o del costume dei luoghi. Il Maestro Bellia, che per la sua competenza e bravura ha ricoperto per due mandati l'incarico di Presidente Nazionale dell'UIF (Unione Italiana Fotoamatori), ricerca nei volti una storia, un evento di vita e pertanto non è da considerare tra i comuni "cacciatori di tramonti" ma di fatto ascriverlo a "speleologo dell'anima". Egli riesce con semplicità a rendere visibile l'invisibile al pari di ciò che le parole riescono a fare in una poesia. Le sue foto infatti le possiamo considerare come poesie di un mondo "altro" appartenenti ad un neo-verismo da accostare a quell'Emile Zola che fu anche fotografo o al suo comprovinciale Giovanni Verga. Nella vetrina dei suoi "scatti di luce", quasi un pamphlet di foto-storie, ce n'è una su cui si potrebbe dissertare fino a farne oggetto di un dibattito socio-antropologico. E basterebbe questa per consegnare Nino Bellia nel ristretto "Olimpo" della fotografia d'Autore. Ritrae un'anziana con espressione sofferta che, pur nel suo momento di disgregazione fisica e morale, cerca di dare conforto ad un uomo anziano chino su sé stesso, poggiandogli sulla spalla, quasi col timore di umiliarlo, la sua scarna mano. Con quel gesto offre amore, quasi una protezione a chi patisce una distruzione che non è solo fisica. Ecco dove l'arte si fa corpo e raggiunge livelli ascensionali. Bellia con questa foto, anche non volendo escludere tutte le altre, dimostra tutta la sua maestrìa, che non è solo cercare e trovare l'optimum del contrasto luce-ombra, ma l'aver di fatto trasformato in sostanza un sentire che assume forme con l'apoteosi del sentimento più delicato: la pietà nella sua connotazione d'amore. Nell'arte scultorea del tempo, per l'emotività che suscita e la plasticità dei corpi, solo ad un'altra opera d'arte si può fare un irriverente accostamento: La Pietà di Michelangelo. In definitiva e in conclusione possiamo affermare come l'arte fotografica, quella con la "A" maiuscola, nella difficile rappresentazione dei sentimenti, sia un privilegio riservato a quei pochi che da veri comunicatori delle peripezie dell'anima cercano nelle immagini "la parola nel silenzio"e tra questi, per ciò che sta donando all'Arte e alla collettività, non siamo lontani dal vedere in Nino Bellia quel vero magister photographer che riesce a rendere in poesia la nascosta realtà che ci circonda.
Nino Bellia di Dino Ales, scrittore e critico d'Arte, luglio 1998
II secolo era ancora agli albori (1905) quando, nel fervore che già contrassegnava la discussione sul problema della fotografia artistica, Alice Boughton, un nome che corrisponde ad una presenza importante nella fotografia americana, scriveva sulla rivista "The Scrip" che " lo spauracchio del fotografo di talento è l'eccessiva importanza che gli elementi non essenziali possono assumere in una fotografia". Ecco, proprio l'essenzialità' mi pare che possa costituire una chiave di lettura della fotografia di Nino Belila : questo suo ritrarre, principalmente, quanto individua e definisce la realtà che costituisce oggetto del suo interesse. Bellia va scopertamente alla ricerca dell'essenza e, cioè, degli aspetti sostanziali che gli consentono la narrazione della realtà, che poi sono i personaggi oppure i paesaggi delle sue fotografie. La sua è una essenzialità istintuale, anche se affinata nella lunga militanza artistica : è per questo che le sue fotografie possiedono, tra altre caratteristiche, la immediatezza : quella stessa immediatezza che provoca l'impatto che si risolve in una comunicazione chiara, senza infingimenti, senza possibilità' di equivoci. Comunicazione, è ovvio, non soltanto di un reale fisico, costituito, principalmente, da quelle figure umane che, inserite in uno spazio-ambiente, rappresentano vere micro-storie di uomini veri dalla dura vita, storie crude e coinvolgenti che la macchina, impietosa, disvela : ma, nello scrivere fotograficamente quelle situazioni, quelle storie, quelle realtà, nel particolare modo di inquadrarle, di fissarle nello scatto e, indi, nel bianco e nero della foto, Bellia, oltre il crudo verismo, pratica a suo modo una attenta analisi di una situazione sociale, storica, culturale, ambientale ; una analisi critica, voglio dire : e, in qualche modo, offre la testimonianza di una presa di coscienza. Essere fotografo costituisce per operatori come Bellia un modo di essere testimoni di un fatto, di un brano di realtà, di verità, in un rapporto dialettico con quella realtà e verità, ma anche di partecipazione e, quindi, di incidenza sull'evento stesso, sulla realtà nel suo complesso, capace, pertanto, di trasformarla nel momento della riproduzione, della narrazione. E' questa una fotografia che, più che inseguire o ricercare la bella immagine, annota e sottolinea brani di realtà, in un atteggiamento critico, talvolta di parte, anzi quasi sempre parziale, teso al formarsi di una ulteriore coscienza civile del suo e nostro modo di essere al mondo, nel tempo, nella storia, nella collettività. "Testimonianza visiva di un vissuto a volte profondamente interiorizzato" - ha annotato su queste foto il compianto Giovanni Cappuzzo - aggiungendo poi che " le immagini diventano note di un diario visivo che ci consente di leggere una storia appassionatamente umana". A riguardare quei volti rugosi dalla pelle scura, non rasati, volti di anziani quasi sempre ritratti in una triste solitudine, non è difficile leggere in quell'ozio forzato, in quella immobilità che sa di attesa, ma di attesa del niente, storie di vita crudele, di fatica immane, di albe e tramonti che si susseguivano rapide, che racchiudevano tempi di sole spietato, spazi di luce lancinante. E il sole e la luce non erano motivo di gioia, semmai, condanna, crudele condanna ad una vita inchiodata su una terra ingrata da dissodare : terra d'altri quasi sempre, a loro appartenente soltanto per i suoi aspetti di fatica, di dolore. Le donne di Bellia hanno una antica, composta bellezza, quasi una grazia che traspare da quei volti senza età, ritratti in un tempo senza tempo. Calzolai e fabbri ripresi nel gesto del lavoro, un lavoro 'antico' di un tempo 'altro', appartenente a una dimensione ormai dissolta, sono anch'essi il racconto di micro-storie, ma sono, nel contempo, documento antropologico prezioso, segni 'ultimi ' di un'epoca e di una civiltà scomparse. Eppure non sono trascorsi secoli o millenni, se ancora queste scene erano abituali nel tempo della nostra infanzia o giovinezza. La fotografia riprende quelle scene, quei momenti diventati troppo presto storia, reperti di memoria singola e collettiva : epperò, attraverso l'operazione della memoria, ne fa non soltanto creazione dell'immaginario, del sogno, ne fa storia di noi tutti, memoria di noi uomini del postmoderno che senza quella memoria perderemmo la nostra identità, gran parte del nostro essere uomini. E poi i paesaggi, questi si, narrati a colori, le immagini indugianti su colori accesi, su bambini vocianti nel vicolo, sul mietitore curvo che non sai se per fatica oppure a giocare con l'ombra sua, l'altro da sé che si staglia sull'oro delle restuccie. Un acquitrino irto di pali e di tralci che emergono dall'acqua, acqua d'acquitrino eppure azzurra come quella del mare. Questo si, più che realtà è un reale trasfigurato, giocato attraverso il lampo della macchina che è il lampo stesso del sogno, ed una luce troppo bella per essere vera e, forse, il sogno stesso che gioca anch'esso a diventar reale. I casolari di campagna sembrano costruiti di piccoli conci che non sai se è tufo o roccia della montagna, oppure oro prezioso ; tanta è la luce che frastorna, abbaglia ed anche trasforma, impreziosisce, al punto dì cambiare in oro la pietra con cui un tempo fu issato il casolare, pìccolo povero riparo per gli uomini e per le bestie che sa di reggia. Immagini di paesaggi che sono di scuola impressionista, quasi una pittura "en plaìn air " che cattura con piccoli tocchi di colore fugaci impressioni. Ma qui siamo, io credo, nel capitolo della 'accademia' di Bellia, del 'divertissement : la volgila di mettere l'abilità e la sapienza fotografica al servizio del desiderio di divertirsi, di compiacersi, di compiacere. Resta, invece, fondamentale, a mio avviso, il capitolo del 'bianco e nero' del nostro fotografo-artista che, nel solco del verismo, ma al di là di ogni tentazione letteraria o estetizzante, scrive con un segno veritiero fino alla crudeltà la condizione, la sofferenza, la malinconia del tramonto di un'epoca, della fine di una civiltà : l'epoca e la civiltà contadina della nostra Isola. E, dicevamo, non sono storie di tant'anni fa, sono storie che, a guardarti dentro, le ritrovi tutte già scritte nella tua memoria, nella tua coscienza. E, se le foto di Bellia ci aiutano a ritrovarle ed a rileggerle.certamente non è poco.
Nina Ales Scurti, poetessa e scrittrice,13 giugno 1999
A NINO BELLIA
Mio Nobile fratello spirituale,
con la tua magica macchina,
hai reso immortale, ogni
mia cerimonia di premiazione :
di "estemporanea" o di "poesia".
Sei il mirabile fotografo
della mia associazione,
il Poeta della fotografia !
Tu, ritrai nelle immagini,
non solo le sembianze,
ma sai cogliere, nelle tue
"Foto Luce" le emozioni,
i palpiti dell'anima,
nei momenti più spontanei
che la vita ci procura.
Cosi' sei pure : un eccelso
Maestro di psicologia.
Tu, scruti fra le rughe,
nei volti degli anziani,
il loro passato di gioie,
di dolore e di saggezza
acquisita nella loro annosa vita.
Erigi cosi', con ammirazione,
un monumento storico,
per ispirare nei giovani
il rispetto verso la terza eta'
ed arginare la dissacrazione
dei valori civili, umani,
nell'attuale societa'.
Gradisci questi miei pensieri,
con l'augurio d'ogni bene
e di sempre maggior successo,
per dirti : "Grazie, Grazie ! "
con tanto fraterno affetto.
Augusto Baracchini Caputi, già redattore della rivista fotografare
Ho incontrato Nino Bellia nel suo habitat naturale: quella terra di Sicilia di cui è innamorato e che cerca di documentare - attraverso l'obiettivo della sua fotocamera - in tutti i particolari: dal paesaggio al folklore, dal mondo del lavoro a quello del turismo, dai mercatini pieni di colore agli stupendi monumenti eretti dagli antichi abitatori. Ho avuto modo di conoscerlo, nel 1988 a Sambuca di Sicilia, quando sono stato invitato dalla "Scuola Fotografica Siciliana di Paesaggio", creata dal Prof. Riccardo Ascoli e di cui Bellia era allievo, per seguire un corso sulla Fotografia sportiva condotto da Franco Villani. E mi son reso conto che di "Nini Bellìa" ne esistevano due versioni molto diverse. La prima lavorava nella fabbrica di Termini Imerese per costruire autovetture Fiat; la seconda apparteneva ad un individuo che spaziava con la sua macchina fotografica attraverso tutto il territorio della magnifica isola mediterranea a caccia di immagini. Del resto questo dualismo è comune a tutti gli esseri viventi: un leone in gabbia, per esempio, è un animale ben diverso da un leone che va a caccia nelle savane. Come fotoamatore Nino ha partecipando e vinto concorsi fotografici ed ha esposto le proprie opere in diverse mostre personali. Ma si è fatto conoscere soprattutto per la sua attività legata alla fotografia. Oltre a numerosi incarichi in organizzazioni fotoamatoriali ha diretto la Galleria fotografica "Cartier Bresson" di Bagheria e curato la realizzazione di numerosi libri fotografici, quali "Frammenti di Sicilia", "Arti mestieri ed espedienti" , "Sicilia: costumi e tradizioni", "Gente di Sicilia" ed infine "Insolita Sicilia" tutti con immagini proprie e di molti fra i più noti fotoamatori siciliani. In fondo, quando uno ha a disposizione una stupenda modella come quella che viene abitualmente chiamata "Trinacria"......sarebbe un delitto non sfruttarla.
Michele Buonanni, già Direttore Fotografia Reflex
La Sicilia: terra di forti contrasti, di colori, di luce. Tutti elementi che Nino Bellia riproduce nelle sue immagini di paesaggio, facendoci scoprire angoli sconosciuti del mondo nel quale è nato e nel quale si immedesima. Cieli saturi, luci magiche, un'orgia di colore che solo chi vive in questa isola del mediterraneo può percepire così profondamente. Bellia ci racconta questi scenari con semplicità e maestria, con tagli appropriati ma mai esagerati, con una naturalezza che gli deriva da una lunga militanza dietro l'obiettivo e da una sensibilità spiccata, ma anche dal grande rispetto nei confronti della sua terra. I paesaggi di Nino possono essere senza luogo come l'Etna innevato che, per chi non conosce quello spicchio di Sicilia, sembra catturato in un posto lontano migliaia di chilometri o le foto che hanno per tema dominante il mare, veri e propri ritratti della potenza e della bellezza della natura, universali nella loro localizzazione.Ma le foto di Nino Bellia sono anche immagini di gente fiera del proprio lavoro, di gente conscia del proprio dovere, del proprio fare; artigiani, contadini, casalinghe che si incontrano in strada e che vengono messi in rilievo dall'abilità dell'autore nel cogliere quell'attimo che racconta una storia, capacità propria solo dei veri fotoreporter. La sintesi dei due racconti, paesaggi e gente, rende una idea precisa della vita siciliana ed in particolare della sua bellezza e vitalità ma anche della sua semplicità naturale e ci racconta anche di un autore innamorato della sua terra, fiero di esserci nato e di viverci. Nino Bellia nasce infatti a Motta S. Anastasia (CT) il 7 novembre 1943 ed ora vive a Santa Flavia, in provincia di Palermo. Attualmente è Presidente Nazionale UIF (Unione Italiana Fotoamatori). Compie i primi passi dell'arte fotografica nella Scuola Fotografica Siciliana di Paesaggio diretta da Riccardo Ascoli nella quale segue i corsi tenuti da grandi fotografi italiani quali Gianni Berengo Gardin, Mauro Vallinotto, Ernesto Bazan e Franco Villani. Il passaggio da studente a insegnante avviene naturalmente quando nel 1989 collabora alla docenza di Paesaggio nel corso tenuto a Geraci Siculo. Successivamente Nino Bellia tiene corsi di fotografia in vari luoghi della Sicilia (Termini Imerese, Lascari, Brolo e Bagheria). Dal 1994 al 2000 dirige la Galleria Fotografica Cartier Bresson di Bagheria. Dal 1995 cura la stampa di libri fotografici a tema, con immagini proprie e di altri fotoamatori siciliani ("Frammenti di Sicilia"- "Arti, Mestieri ed Espedienti"- "Sicilia, Costumi e Tradizioni"-"Gente di Sicilia"-"Insolita Sicilia"). Le immagini di Nino Bellia sono apparse spesso nelle riviste fotografiche, in Italia ed all'estero così come in numerosi libri fotografici, calendari e cataloghi di mostre. Come autore ha vinto molti premi in concorsi fotografici ed ha partecipato e partecipa tuttora a mostre personali e collettive in Italia ed all'estero (Argentina, Austria, Polonia, Brasile e Stati Uniti). Nel 2005 la UIF gli ha conferito il titolo onorifico di Maestro della Fotografia Artistica mentre, nel 2009, a Terrasini (Pa) gli viene conferito il "Premio Liolà" per l'attività fotografica svolta. Fa parte del Direttivo del "Circolo Culturale Giacomo Giardina" di Bagheria.Dal 2005 collabora con il COES (Centro di Orientamento Emigrati Siciliani) con il quale si è recato negli USA (2005, 2006, 2008 e 2009) per esporre le proprie immagini e cura la stampa del suo organo ufficiale "Siciliani nel mondo". Sue foto si trovano, tra l'altro, presso: il Centro Culturale italiano di Stone Park (Chicago, Illinois), Museo Guttuso di Villa Cattolica (Bagheria-Pa), Palazzo Aragona Cutò (Bagheria), Municipio di La Plata (Argentina) e collezioni private ovunque nel mondo.
Enzo Campisi, già Direttore Artistico UIF (Unione Italiana Fotoamatori)
A volte ci si chiede che cosa fà sì che nella mente di ciascuno di noi riaffiorino sensazioni, suoni, odori o immagini sopite... e, ci diamo tantissime risposte e tutte validissime. Sappiamo però che rivivere certe sensazioni ci gratifica, ci soddisfa, ci esalta ed io ho provato queste sensazioni guardando gli ultimi lavori di Nino Bellia. Conobbi Nino Bellia circa dieci anni fa, di lui mi parlava Riccardo Ascoli che lo ha sempre considerato una promessa della fotoamatorialità siciliana, e ne parlava con entusiasmo tanto che una sera mi disse: "devo fartelo conoscere, è un ottimo reportagista, ha tutto ciò che un fotografo di reportage deve avere, testardaggine, volontà, spirito di emulazione". Riccardo sapeva che il reportage non è un genere fotografico che io amo, pur avendo io una discreta conoscenza di questo genere e della tecnica per eseguirlo e l'amicizia personale di grandi fotografi ( Giorgio Lotti, Angelo Cozzi, Ferdinando Scianna....etc...) che hanno fatto di questo genere ciò che nella realtà deve essere, cioè "un pugno nello stomaco" di chi vedrà le fotografie, la denuncia di "situazioni e fatti" che altrimenti non ci sfiorerebbero minimamente. Si perché reportage è denuncia e una foto di reportage deve raccontare più che mille parole incasellate in un articolo, non di meno i migliori fotografi di reportage sono stati e sono anche degli ottimi giornalisti. Di Nino Bellia ammirai le foto in B/n, foto intrise di una vena poetica che solo chi ha una sensibilità come la sua poteva scattare, ammirai la sapiente composizione delle sue immagini, il giusto equilibrio fra le forme, il giusto peso delle luci fra le ombre della scena ritratta. Diventammo amici, amici nella fotografia poiché nella vita reale ci divideva la distanza fra le nostre città. Eppure siamo stati lontani.......ma non distanti. Sapiente organizzatore, riesce a coinvolgere se decide di impegnarsi e di far esplodere il suo amore per la fotografia cosa che riesce a trasfondere anche su altri. Siamo anche stati, a volte, su sponde opposte, critici (sempre con costrutto) di ciò che ci circondava e che avesse attinenza con la nostra comune passione e sempre da queste nostre accorate discussioni è scaturito l'interesse di altri facendoli partecipi e avvicinandoli alle problematiche della "interpretazione" fotografica. Ho sempre pensato che Nino, persona sensibile quale è, dovesse cimentarsi nella fotografia artistica, intesa quale interpretazione di una realtà che altri guardano ma che non tutti vedono. L'interpretazione del colore, della scena, stringere il campo visivo sul particolare obbligando il fruitore dello scatto finale ad una introspezione tale che ne sconvolge, comunque, le convinzioni. In definitiva mi viene in mente una frase che Franco Fontana soleva ripetermi quando ancor ragazzo e prima ancora che nascesse la nostra amicizia, frequentavo i suoi workshop ( Terrasini, Cetraro, San Marino, Toscana): "Fai si che la tua attenzione sia attratta da ciò che non vedi". Questa frase mi è venuta in mente il giorno in cui, a Morcone, Nino mi ha voluto mostrare queste sue nuove opere....."stratificazioni del colore". La sua attenzione è stata attratta dal particolare, si è fermata sullo strato di colore, su cose che noi tutti vediamo spesso ma su cui non ci si sofferma, ritenendole banali, inconcludenti............ebbene guardando queste sue foto ci si rimprovera di essere così poco attenti, così poco fotografi, così poco sensibili, così tanto superficiali. Egli ha saputo cogliere il cromatismo e le sfumature di colori casualmente accostati da altre mani, in tempi diversi, e farcele letteralmente assaporare come fossero frutto della fantasia di un pittore impressionista o avanguardista. Con questa sua ricerca personale Nino Bellia ha dato prima che ad altri a se stesso una dimostrazione di cosa debba intendersi per fotografia artistica, e cioè non la semplice ricerca del posto, della figura, del mestiere, dell'evento, del gesto da immortalare (perché ciò è reportage), ma il saper vedere laddove altri si limitano a guardare, a interpretare i cromatismi e le stratificazioni non tanto dei colori o delle masse, ma quelle ataviche della nostra mente scaturenti dalle convinzioni cui siamo stati da sempre costretti dalla quotidianità e dalla mancanza di libertà espressiva. Nino stavolta sembra un gabbiano deciso a volare laddove potrà spaziare ...........per selezionare, per guardare, per scegliere e quando sarà convinto delle sue scelte immortalarle su pellicola e renderci partecipi delle sue sensazioni.....provate, assimilate, elaborate e sbattuteci in faccia come per dire: Noi fotografi dobbiamo saper vedere laddove gli altri si limitano a guardare, noi fotografi dobbiamo dare la precedenza a ciò che non si vede, noi fotografi siamo portatori e cultori di un mezzo espressivo che deva ancora dare tanto a questo mondo. Bravo Nino, continua in questo tuo nuovo mondo e modo di intendere la fotografia.
Giovanni
Cappuzzo, scrittore e critico d'Arte
Bellia, fotografo d'anime
Rinaldo Prieri nel parlare di Antonino Bellia, «fotografo d'anime», afferma che in realtà «la rappresentazione della figura umana, che è il soggetto più frequentato dai fotografi di tutto il mondo, è di fatto la più difficile da affrontare», per una serie di motivazioni di vario genere. Anzitutto c'è sempre qualcosa di ignoto e di complesso, a cui si deve ad ogni caso ricondurre quell'universo espressivo che soprattutto il volto umano racchiude nella serie delle sue strutture morfologiche e nella varietà delle forme e delle connotazioni fisionomiche che trovavano la loro componente più interessante nell'espressione degli occhi con tutto quell'entroterra psicologico che si evidenzia agevolmente al fondo della pupilla. La fotografia che coglie, fissando, le immagini del mondo reale in una dimensione che può apparire senza tempo, si fa così testimonianza visiva di un vissuto a volte profondamente interiorizzato, la cui latitudine può anche raccordarsi al versante psicologicamente più avvertito e sensibile, là dove le immagini diventano note di un diario visivo che ci consente di leggere una storia appassionatamente umana. Saranno magari microstorie di gente del volgo, come si amava chiamare a volte il popolo minuto, ma sinceramente vere nella densa vitalità ed espressività, senza enfasi retoriche né sdolcinature, né compiacenti sul versante emotivo. La descrizione visiva si fa densa misura di intima riflessione, con una rispondenza vera e autentica tra «capacità introspettiva» del diaframma fotografico e realtà esterna, oggetto della visualizzazione. Interviene il peso della «memoria» che stigmatizza gesti, personaggi, attimi densi di una intensità emotiva, quasi come seguendo il filo di un percorso inedito che ci fa conoscere «fantasmi» che affiorano da tempi e luoghi che spesso dimentichiamo, frastornati come siamo da un effimero che ci assedia e ci ossessiona. Il tema è quello della solitudine degli anziani, che nelle fotografie di Antonino Bellia trae motivi di densa vitalità espressiva. L'atmosfera sembra essere fuori dal tempo, forse per una forte capacità di interiorizzare una storia che ci appartiene come creature umane e che la controllata fotografia di Bellia è riuscita a fissare nella verità e varietà delle immagini attorno al tema che si incentra sullo spessore del tempo nella vita dell'uomo e sull'usura della solitudine, con la tensione della memoria che lascia i suoi segni sul volto dei personaggi, cesellando di rughe anche le mani. Un senso di spazialità temporale condensata e vibrante si raccorda ai singoli gesti usuali e stanchi. È allora che la fotografia coglie abilmente l'area sottilmente vissuta dai personaggi, quasi certificando il peso della memoria, vale a dire di tante storie soggettive, lungo un personalissimo filo di indagine psicologica. La traccia dell'anima, scrivevo tempo fa, parlando sempre delle foto di Bellia, è segnata in quei volti e in quelle mani e il tempo sembra promettere un inatteso recupero proprio attraverso l'esaltante strumento di queste fotografie che nel minuto intreccio delle microstorie di questi personaggi vengono a colmare l'intervallo tra le scadenze decisive della vita. La fotografia allora travalica di gran lunga la semplice documentazione di una condizione umana e di una problematica sociale quale quella degli anziani, e riporta alla nostra visione squarci di un vissuto amaro e sconsolato, segnato da una una sorte di punto dolente in cui memoria e realtà, nostalgia e ricordi formano un tutt'uno denso e palpitante. Lo spessore evocativo ci coinvolge in un'avventura fatta di ambientazioni e di movimenti reali affidati allo strumento delle immagini di anziani e di vecchi secondo un ritmo interiore che ce le fa sentire più vicine e più vere, come di un percorso che la memoria ha segnato e ha tracciato di una sua presenza. Allora ogni singola fotografia si srotola con grazia quasi come pagine di un diario vissuto.
Giovanni Cappuzzo - I luoghi della solitudine - (dalla Rivista PALERMO-luglio 1991)
I volti segnati dalle mille rughe le mani ossute che sembrano parlare, ci rendono questi personaggi quasi familiari
Ha avuto luogo a Bagheria curata dalla cooperativa di servizi sociali Nazareth una interessante mostra fotografica di Antonino Bellia sul tema I luoghi della solitudine. Sappiamo bene che alla fotografia è stata sempre delegata una funzione che è quella di fissare, attraverso un procedimento tecnico-percettivo, aspetti del reale nel molteplice dispiegarsi delle varie morfologie, ma il tutto bloccato fuori dal tempo in una dimensione che ne riporta atmosfere che appartengono alla sfera segmentata della nostra sensibilità. Il ritmo che le immagini instaurano appartiene al perseverante sviluppo di una sintonia interiore che si affida al segreto di una percezione più profonda e meno epidermica di quanto a prima vista possa sembrare. E' il grande miracolo della luce che in quel percorso sempre inedito viene ad attivare strane suggestioni ed evocazioni. E' proprio la luce che consente di elaborare tutto un racconto affidato alle immagini, una specie di avventura, un percorso che appartiene alla memoria e al sentimento: da un lato la memoria evoca e sollecita le evocazioni di fatti e di realtà di cui magari non abbiamo mai avuto fino ad allora consapevolezza o di cui non siamo stati testimoni, e dall'altro il sentimento, che la dimensione del tempo proietta in una attualità persistente e vivace, sollecitando pensieri, attivando considerazioni e riflessioni attorno a momenti e fatti della vita che ci appartengono. Talora le foto danno tracce ora evidenti, orari lievi, ora enigmaticamente refluite nel tumulto delle forme, fino ad interessare una rete rizomatica, una specie di palinsesto da leggere e decifrare secondo un'ottica attuale. Il fascino che promana dalle immagini di Antonino Bellia, incentrate sul tema dei luoghi della solitudine, dà proprio il senso della biforcazione nel tempo, non nello spazio, come se l'ieri, l'oggi e il domani fossero categorie inedite, soltanto ora scoperte ed individuate. Quali i luoghi della solitudine? A segnarli e a farceli riscoprire interviene la fotografia, la serie di ritratti di anziani; i volti intensamente espressivi nella naturalezza dei tratti e degli sguardi, le mani ossute e il desiderio di ritrovare il senso remoto di una nostalgia antica, come una acuita percezione che l'iride rimanda incauta, svegliando in noi la dimensione di una realtà che nel nostro muoverci spasmodico e disordinato, superficiale e apparentemente disinvolto, spesso finiamo con l'ignorare e scavalcare. I volti segnati da mille rughe, le mani ossute che sembrano parlare, ci rendono questi personaggi vicini e quasi familiari: una sorta di conturbante metafora che induce a meditare sull'uomo, abitatore del tempo. Che cosa è infatti la memoria, se non l'affacciarsi su se stessi, di passo in passo, riscoprendone ogni volta di nuovi, nel passato irripetibile e nella comunanza della memoria, la magia di una distanza Insuperabile e di una intangibile vicinanza? Il tempo ha segnato e cesellato quei volti e quelle mani, depositandovi le sue tracce. Le foto ci parlano delle singole vicende personali che sono una successione di scelte vicendevolmente esclusive, i singoli tragitti che ad ogni bivio perdono le loro singole possibilità per inverarsi sul fronte di una realtà che accomuna quei volti e quelle immagini in una vicenda corale che è quella della solitudine amara, venuta da un senso sconsolato e triste. Il tempo della solitudine degli anziani supera per tale strada l'aspetto della problematica sociale, spesso affrontata in termini improbabili di retorica populista, per farsi elemento di un'operazione più intelligente ed accorta. E' come ritrovarsi davanti a un percorso labirintico nel quale finiamo con il riconoscerci per lo spessore evocativo e nostalgico. E' nostalgia è proprio questo ritorno ad una dimensione dello spirito che credevamo perduta, secondo la gerarchia del prima e del dopo, tra esodo e ritorno, tra rimembranza e rinnovamento.
Cenzi Caruso, poetessa e scrittrice
Da dove nasce l'esigenza di fare arte. Alcuni scienziati sostengono che nel cervello di un artista c'è un sottosuolo, un incoscio collettivo o se vogliamo una piccola pazzia che gli permette di ripescare e esprimere concetti, poesia, scatti. Arte appunto. Bene, dico io, se ad un vociare insistente di mentì mediocrì veniamo arricchiti da costoro, gli artisti, di silenzi e immagini essenziali come quelli di cui ci fa inebriare Nino Bellia che attraverso una severa investigazione accoglie il soggetto primo. I suoi modelli sono l'opera della natura, che fissa ancora prima che nell'obiettivo, nell'occhio della mente, li trasferisce alla sua percezione e da lì ne da ai sensi la materia racimolata dall'attimo quando questa ha raggiunto l'armonia. Bellia, a suo modo, ci narra l'istante di un lungo tempo racchiuso in uno scrigno-spirale. La luce soffusa e controllata accompagna la lentezza stigmatizzata della chiocciola mentre l'artista discrimina con pazienza e ostinazione il tempo del click. Incisi cromatici dalle zampe stilizzate fanno il bagno in un coagulo di tramonto. Ed ecco un altro scatto che cattura una nicchia di papiri, alcuni genuflessi, Narcisi incantati nello specchio d'acqua; altri invece catturano riflessi di sole. Afferra il volo di una farfalla e la ancora lì, dove è più giusto che sia, in una esplosione di colore che straripa di realismo e luce piena, nella primavera di colori, e ne fa lirica. La visione archetipa di questi calici azzurrini, fonte di quiete, incantano di fantasia, risolve la vibrazione di colore che qui si placa. Nelle foto di Nino traspare un sentimento di religiosità intensa, dove non c'è posto per la miseria della vita. La sua arte è basata sulla semplicità della natura che va dritta al cuore, che esprime candidi sentimenti e restituisce ai sensi equilibrio. Viene voglia di chiedere asilo in queste cose della terra che ritrae il Bellia e farne parte. Ricavare, imprimere e interpretare tutte queste istantanee la cui visione non cessa di meravigliare.
Nìnu Bellia: fotografu di dulurì siciliani
Canusciu a Ninu Bellia duranti u quartu vìaggiu turisticu dì Arba Sicula ntà Sicilia. Comu è tradìzioni nostra, ripituta pi quattru anni, invitu un gruppu di individui di Palermu e dintorni-tutti soci dì Arba Sicula-a manciari cu niautri pi canusciri i soci miricani. Ninu Bellia vinni assemi o pitturi Carlu Puleu e o pueta Ninu Cirrincione, e cu autri rappresentanti importanti da vita culturali di Palermu. Pi tradizioni, l'ospiti siciliani portanu sempri copii dù so travagghiu pi distribuiri e soci miricani, e siccomu sunnu tutti artisti, scritturi, pueti, e giurnalisli, ognunu ricivi quacchi ricordu da sirata. Naturalmenti dopo da cena tocca a mia di prisintarì i soci siciliani da Sicilia e soci siciliani d'America e pi du uri nni divìrtemu ascutannu puisii, canzuni e palorì d'amicizia. Ninu Bellia purtau cu iddu na vintina di fotografii sviluppati in furmatu giganti, quasi comu menzu poster, e io li taliaiu cu granni interessi, puru ca c'era autra genti ca mi vuleva parrari. Pi la maggior parti eranu fotografii di pirsuni anziani, cu facci sicchi e chini di succhi prufunni pi l'età e pì duluri. Taliannu sti fotografii mi sintiu commossu di na manera straurdinaria, comu non m'avia succidutu in tant'anni. Pi mia iddì rapprisintavanu dda Siciiia ca ognunu di niautri si porta dintra dì l'anima ammucciata, pittata cu duluri scuri e cu sguardi di dispirazioni ca ti scinnunu dintra u cori e ti spinciunu a offriri na manu in segnu di fratellanza e in ricanuscimentu ca tutti i Siciliani semu fatti di na pasta. Sugnu cuntentu di pubblìcari quattru fotografii di Ninu Bellia: a prima e a secunna sunnu du studii da capacità dì Siciliani di durari: a fotu dù vecchìu cà testa calata e dda fimmina anziana ca cu la manu supra da so spadda cerca di cunsularlo e daricci cunfortu è ria commovernti riflessioni da realtà siciliana in certi posti di l'isula. A terza fotu è quasi Pirandelliana: u vecchìu è ssittatu sutta na scalunata di petri lavichì mentri talia cu sguardu mensu divertutu pi comu u jattu, in manera compleiamenti naturali, si metti in posa pù fotografu. E a quarta rapprisenta u paisaggiu sicilianu mentri mmisca i fantasmi di na supreccitata immaginazioni siciliana cà natura. Ninu Bellia, ca abita Santa Flavìa e travagghia a Termini Imerese, ha avutu numìrusi mostri pirsunalì e ha pubblicatu i so fotografii ntà tanti giurnali e rivisti. I so fotu sunu puru pubblicati nta na cullana di libri ca iddu stissu cura pà casa edìtrici Nuova Comunicazione Visiva di Palermo. Finora ha pubblicatu tri volumi: frammenti di Sicilia - Arti, Mestieri, Espedienti e Sicilia, Costumi e Tradizioni. Sti libbra sunnu antologii di fotografii di vari fotografi e hannu l'obbiettivu di prisirvari rialtà siciliani ca stannu scumparennu.
Gaetano Cipolla
Nino Bellia: Photographer of Sicilian Sorrows
I met Nino Bellia during the fourth Arba Sicula annual tour of Sicily. As has been the custom for the past four years, I invite a number of local individuals who are member of our organization for a get together with the American contìngent. Nino Bellia came with painter Carlo Puleo and poet Nino Cirrincione, together with other important representatives of the Palermo cultural life. It has become a custom for the Sicilian guests to bring samples of their work to distribute to their American counterparts and since they are primarily writers, artists, painter, journalist and poets, everyone receives a little memento of the meeting. Naturally, the dinner is followed by a two-hour presentation during which I usually introduce everyone and we have a marvelous time listening to poetry, songs and enjoying good fellowship. Nino Bellia carne with his photographic portfolio which consisted of about twenty pictures enlarged to nearly half poster size which I looked at very intently, in spite of the fact that other people were trying to get my attention. They were primarily pictures of old men and women, faces worn thin and wrinkled by age and sorrows, people who somehow touched me in a way I had not felt in a long time. They represented to me the Sicily all Sicilians carry around buried in their souls, painted with somber colors, with looks of despair that sink into your heart and urge you to offer a hand in brotherhood and in recognition that all Sicilians are made from the same dough. I am pleased to publish four of Bellia's photographs; the first and second are a powerful study of Sicilian endurance: the picture of the old man bowing his head and the old woman who has placed her hand on his shoulder as a way to console and comfort, is a poignant reflection of life in certain places of the island. The third picture is almost Pirandellian. The old man is sitting across the cat at the bottom of a lava stone staircase looking amused by the nonchalance with which the cat is posing for the photographer. The fourth captures the Sicilian landscape as it blends with the ghosts of a superheated Sicilian imagination. Nino Bellia who lives in Santa Flavia and works in Termini Imerese, has had numerous personal shows and numerous newspapers and magazines have published his photos. His work has also appeared in a series of books published by Nuova Comunicazione Visiva, Palermo such as Frammenti di Sicilia, Arti, Mestieri, Espedienti and Sicilia, Costumi e Tradizioni. These volumes, edited by Bellia, containing the work of many photographers are an attempt to preserve Sicilian realities that may be waning.
Gaetano Cipolla - I stratificazioni
cromatichi di Nìnu Bellia
E' veru ca l'artista spissu vidi cosi ca l'autri cristiani non vidinu. Certi voti l'artista vidennu li cosi macari cchiù banali e comuni pò scupriri quacchi cosa ca tutti l'autri non hanno mai vistu. L'artista, si sapi, havi l'occhiu finu, havi a vista privileggiata, ma a cosa ca surprennì di cchiù è ca puru l'autri ca artista non sunu, vidennu chiddu ca l'artista ci fici vidiri pà prima vota non si meravigghianu ma diciunu apertamente "sì, è veru, accussì è u munnu. Comu mai nò visti prima!" Chisti sunu cunsiddirazioni ca mi venunu spuntanii taliannu l'ultimu travagghiu dù fototografu Ninu Bellia di cui avemu parratu già autri voti nta sti pagini.Mi staìu rifirennu o catalugu di na mostra ca si ficì a Baghcria ntó 2003 ca s'intitula Stratificazioni cromatiche: viaggio attraverso i colorì dei mari di Bagheria.. Comu dici u titulu sunu fotografii di mura di casi vecchi e abbannunati unni i diversi stratificazioni da pittura e da cauci creanu giochi di culuri e disegni interessanti. I disegni in verità parranu di nautra epuca quannu i patruni di casa applicavano a pittura quasi ogni annu duranti aprimavera e cci tinevanu a prisintari a so casa cu culuri diversi di annu in annu comu si vulissiru accuminciari nautra vita. Ninu Bellia ìu caminannu pù centru storicu di Bagheria, lassannusi ispiiari di ddi mura sdirrupati e ìmprigiunannuli cà so machina fotografica. Non sacciu si iddu avia un missaggiu speciali dì dari a cu varda i fotografii, e non è mancu impurtanti Sapirlu, picchi a la fini i fotografii parranu suli. Comunqui niautri non putemu taliari sti quaranta fotografii senza riflettiri. A mia mi parunu quasi studi archeologichi. Studiati sti fotografii è un pocu comu fari chiddu ca fannu appuntu i giolughi quannu, taliannu a diversi stratificazioni da terra, rinesciunu a identificari attività climatichi eumani, catastrofi e incendi, mancanza di pioggia e tana autri così. E niautri, appuntu comu a iddi putemu osservari sti mura sdirrupati e pinsari a chlddi ca li pittarunu e macari immaginati attravcrsu a scelta dì culuri i so sintimenti. Ogni culuri e ogni passata di cauci supra ddi mura rapprisenta na vita umana, mumenti di operosità, di suddisfazioni pi aviri cumplitatu un travagghiu e o stissu tempu rapprisenta u passari inesorabbili dù tempu, u tempu ca cancella nun sulu l'omu ma puru u so travagghiu. Bellia mi desi u catalugu a Palcrmu duranti a cena d'incontru tra i soci di Arba Sicula lucali e chiddi ca facevanu parti dù decimu viaggiu turisticu. Ninu purtau nun sulu u catalugu, ma ingrandimenti di varii fotografii unni u giocu di culuri si videva cchiù chiaramente. A prima vista parevanu quadri pittati di artisti moderni. Sulu dopu avirli vistu di vicinu si capiu ca si trattava di mura ruvinati. Piccata ca nta su' pagini non putemu vidiri i culuri ca l'occhii! di Bellia scupriu unu sutta a lautru. Dumannamu ò litturi di usari a so immaginazioni pi vidiri na vasta gamma di culuri ca parunu nesciri di nu pinneddu di pitturi famusi. Stranamenti sti fotografii di mura signati dù tempu mi fannu ricurdari lautra mostra di Ninu Belila ca ebbi tantu successu e di cui parrammu quacchi annu fa. Ddà Ninu ricugghìu facci di vecchi signati dù tempu e da vita, facci ca pi mmia rapprisìntavanu a Sicilia ca soffri. Dissi stranamenti ma forsi ripìnsannucci non è stranu affattu. Na analogia c'è tra i du pruggettì. Anzi u tema essenziali mi pari sempri chiddu: offriri na tistimunianza dù passaggiu dù tempu supra l'omu e supra u so munnu.
Dalla Rivista Arba Sicula,volume xxv, 1&2 Spring and Summer2004
Gaetano Cipolla - Chromatic Stratificatìons of Nino Bellia
Artists really see things that other mortals do not see. At tìmes the artist looking at the most banal and insignificant objects can discover something that others have never seen. The artist, as we know, has a sharp sight, a privileged vision, but the thing that is more surprìsing is that others who are not artists, seeing what the artist has shown them for the first time marvel openly and wonder: It's true, in-deed, that's the way the world is. How come I never saw it that way?" These are considerations that come spontaneously looking at the last images of photographer Nino Bellia, whose work we have discussed already in these pages. I am referring to the catalogue of a show he had in Bagheria (Palermo) in 2003, entitled Stratificazioni cromatiche: journey through the colors of the walls of Bagheria. As the title declares these photos of walls of old and abandoned houses which show various coats of paint and plaster that create interesting drawings and color schemes. The drawings speak of another era when the owners of the homes used to apply coats of paint almost every year at springtime, wanting to present their house in different colors as though they too wanted to begin anew. Nino Bellia walked around the historic center of Bagheria letting those crumbling walls inspire him and imprisoning them through his camera's eye. I don't know if he had a message to transmit in these photos and I don't think it is important to know what it is. In the end, the walls speak a language of their own. Indeed we cannot simply look at these forty photos without reflection. They seem to be almost archeologìcal studies. Studying these photos is a bit like the work of a geologist when he examines different strata in the earth from which they extract a great deal of information on climate and human activities, identifying catastrophes and fires, drought and many other things. We, like them, can observe the crumbling walls and think about the people who painted them and through their choice of colors even imagine their feelings. Every color and every plaster coating represent a human life, moments of work, of satisfaction for having completed the task, and at the same rime they represent the inexorable passing of time, time that erases not only the presence of man but his work as well. Bellia gave me this catalogue during the dinner we held in Palermo on the occasion of our tenth tour of Sicily. Nino brought large color enlargemets of several of the photos in which the play of colors could be seen more clearly. At first the enlargements seemed color paintings done by a modern artist. Only after closer examination can we see that they are pictures of ruined walls. It is too bad that our readers cannot see the brilliant colors that Bellia's eye discovered peering out from under others. Let the reader use his mind's eye to see the vast gamut of colors that seem to be born from the paint brush of a renowned artist. Strangely, these photos of walls marked by time make me recall the other successful show by Nino Bellia that we wrote about a few years ago. In that show Bellia had shown photographs of old people whose faces had been marked by time and by life, faces that for me n a strange way represented the face of suffering Sicily. But perhaps on second thought there was nothing strange about it. A close analogy exists between the two shows. Indeed, the theme seems to me essentially the same: documenting the passage of time on man and his world.
From Magazine Arba Sicula, volume xxv, 1&2 Spring and Summer 2004
Nino Cirincione, poeta e scrittore, per Nino Bellia, settembre 1998
Ti assale gioia agli occhi l'incontro con Nino Bellia. Impari a conoscerlo provando lo stupore della prima seduzione col cuore dell'alpinista.Resti abbagliato dalla malia dello slancio sincero d'un ingegno poroso di sublime semplicità. Conversando con l'artista non trovi le parole belle, sonanti e ricercate, le emozioni e i sussulti, i trasalimenti interiori che generano la poesia delle relazioni umane, però tutto questo vi si trova lampante nelle sue fotografie. In alcune di esse, il suo intelletto divide ciò che in natura è indiviso, e in quelle a colori vivono autentiche memorie dense di umanesimo profondo. Egli resta appeso, osserva, analizza con la tenerezza dei grandi padri della sua arte, il girotondo vitale dell'esistenza, marcando impressioni, magistralmente realizzate, incrociando sensi, immortalando immagini nel suggestivo patrimonio d'una storia altamente umanizzata. E' un maestro del Bianco e nero dai percorsi memoriali animati. Vi è presente l'essenza ricercata, la descrittività topografica, l'immagine catturata nel tempo di soli, di luci, di nuvole, di comune morbidezza, sorella d'impegno e disimpegno, quasi tenero acquarello. Si nota possente la precisione lapidaria, il talento d'osservazione dell'uomo impastato di sicilitudine, l'identità percettiva dignitosa distanziata dall'orgoglio e dallo stile integrato. L'artista ci carica d'emozioni con figure di futura memoria per una Sicilia che s'interroga ancora sui migliori sensi e con impronte visive denuncianti sembianze che scolpiscono immediatamente la vista, mobilitandone sconvolgenti riflessioni. Nino Bellia è fotografo d'arte, efficace interprete d'umori civili, colti nei levigati silenzi, nella drammatica amarezza dei visi, nella corposa spiritualità sui volti impietriti d'anime sconvolte con l'introspezione che denuncia la sua appartenenza documentabile, immersa nel tempo col proprio interiore aspetto. Intravedo in Nino Bellia un cuore appassionato che coniuga con le dita pressate sul clic un filtro visto, per restituircelo con dovizia e rafforzato da sensazioni interessanti. Occhio e mente sposate insieme nell'indagine attenta, tutt'uno con la meccanica d'un obiettivo che morde la realtà. Nino costruisce con la macchina fotografica una rivelazione d'arte che ci fa vedere la consistenza di cui siamo circondati, da una angolatura diversa, rispetto a quella che avevamo in mente, prima di venire a diretto contatto di essa. Non c'è nulla di più solido e duraturo della riproduzione artistica, ( anche sulla carta lucida) d'un autore veramente grande ed ispirato.
Francesco Federico, poeta e scrittore
II naturalismo fotografico di Nino Bellia (Aspra, 10 marzo 2011)
Dal libro "Le forme del nostro esserci"
I linguaggi artistici, fin dal loro nascere hanno espresso forme plastiche di notevole sintesi: dai graffiti rupestri del paleolitico alle forme armoniose del mondo classico greco, e dalle opere proporzionali del rinascimento alle installazioni irriverenti odierne, tutte hanno codificato opere non riproducibili. Con l'invenzione della fotografia, si segue la stessa voglia di imitare le configurazioni realiste o astratte della Natura, avvalendosi dello strumento della macchina fotografica, che ripropone le forme della bellezza e della funzionalità in modo totalmente nuovo perché riproducibili all'infinito. La fotografia nasce all'inizio del XIX secolo, ma si sviluppa per testarda esercitazione o per professione nel secolo successivo. "Arte a macchina" la chiamava Eugène Delacroix (13) gradualmente divenuta, con alterna diffidenza téchne che vive il dualismo tra realtà riprodotta come documento veritiero, e creativa manipolazione dell'oggetto stesso consegnato ai posteri. La capacità sensoriale dell'autore, recupera - il particolare - che sfugge alla percezione di altri linguaggi visivi, e viene riproposto alla riflessione critica come elemento ulteriore, utile alla nostra conoscenza. Recuperare gli oggetti e le visioni che potrebbero cadere nell'oblio, vuol dire comprendere la loro poetica, e vuol dire immortalare - qualcosa riprodotta una sola volta - come precisa Roland Barthes. In Nino Bellia, assistiamo ad una misurata ricerca fotografica, che narra le architetture della nostra storia Millenaria, coinvolta dai luoghi solari e marini che stupiscono per la loro bellezza non quantificabile. Il suo raccontare si snoda con pudore, e fotogrammi di barche e scenari marini, e volti di donne e uomini anziani coinvolti dalla corrosione del tempo ci invitano a riflettere nostro malgrado. E prospettive schiacciate come quella di Caltabellotta, e prospettive cromatiche come quella di Isola delle Femmine, si alternano per essere fruite da un utente che cerca, gli stessi elementi del cielo e dell'aria, del fuoco e della madre terra. Il grande mistero che è la vita viene documentato attraverso fotogrammi, che rivisitano i disastri del nostro vivere, ma anche le civiltà antiche dei nostri padri: il Tempio di Segesta e altre enigmatiche strutture simboliche, vengono poste alla nostra attenzione e comprensione. In Nino Bellia è dunque principale il tema dell'esistere dove pulsa la vita, da documentare o da percepire prima che l'immagine si dissolva nel nulla del nostro quotidiano. L'artista siciliano, nato a Motta S. Anastasia (Catania) lo incontro sempre più spesso tra Santa Flavia, Porticello, Bagheria e Aspra, forse perché anch'egli è attratto dagli umori delle albe e dagli ampi spazi del cielo che nutrono la nostra anima.
13. Cfr Eugene Delacroix. (Charenton-Saint Maurice 1798 - Parigi 1863). Da Journal 1853.
Francesco Federico
In Nino Bellia l'espressione della natura e del reale quotidiano, Bagheria, 14 gennaio 2017
Caro amico Nino Bellia, nel ringraziarti per il tuo generoso promuovere l'arte fotografica a livello nazionale, desidero scrivere la mia breve nota sulla tua notevole produzione di opere fotografiche, che percorre almeno quattro decenni del tuo viaggio. Il tuo lirico realismo fotografico: volti di donne e di uomini coinvolti dall'esistere, invita noi tutti a riflettere sulla temporalità della nostra esistenza, compreso il logorarsi della fisicità. La tua ricerca tematica, quasi in modo accorato, quasi ci chiede di donare maggiore amore e solidarietà ai nostri cari. Ma anche le tue espressioni: le cromatiche farfalle, gli alberi di ulivi, le barche e gli armonici scenari: collinari e marini, ammoniscono e invitano a riflettere nostro malgrado. Nelle tue fotografie ritrovo la seducente bellezza naturale, ovvero il suo equilibrio e le sue proporzioni compositive: il tuo grande rammarico è per ogni cosa consunta dalla nostra maldestra incuria. Caro Nino, nel tuo lavoro creativo vi è anche la narrazione del nostro esserci nell'isola millenaria: le sue architetture e la sua geniale creatività artigianale, e sembra che tu voglia consegnarci le foto-documento per i posteri, prima che le immagini scadano nell'oblio del nostro mediatico e consumistico nulla. E devo confessarti che la tua foto, dal titolo: Autunno oggi a lungo osservata nel tuo studio di Santa Flavia (Palermo), mi ha invitato a scrivere, oltre la nebbia dei paradossi......che cerchiamo di attraversare in modo equilibrato, per uscirne. Grazie caro Nino, per il tuo pregevole percepire, che ci regala la poeticità rifiutata dal nostro convulso stressante procedere. Si, caro Nino, tu sei acuto testimone del nostro tempo.
Francesco Federico
Il Verismo fotografico di Nino Bellia, 28/01/2015
Al "Pub Public" di Bagheria, al numero 24 di via Quattrociocchi, è in corso di svolgimento dal 29 gennaio fino all'11 febbraio la mostra d'Arte fotografica del Maestro Nino Bellia, nato a Motta S.Anastasia e residente a Santa Flavia, attivo Presidente Nazionale UIF (Unione Italiana Fotoamatori) dal 2007. Il titolo dell'antologica: "Nei luoghi della solitudine" (1987-2014) presenta 22 fotografie in bianco/nero, stampate in bagno chimico senza ulteriori manipolazioni informatiche, sintesi qualificante del suo notevole lavoro creativo che, con assidua ricerca tematica e tecnica, si svolge da oltre cinquant'anni. I suoi fotogrammi, misurati e incisivi, mostrano i volti di donne e di uomini coinvolti dalla temporalità e dalla corrosione del tempo, e invitano a riflettere sulle difficoltà del vivere, soprattutto nei campi assolati e nei territori dell'universo siciliano. Ed è dai loro volti scarni; dai loro sguardi pensanti; dalle loro mani tormentate dai disastri di linee venose in tensione; dalle loro immagini piegate sulla terra argillosa; che trasudano le loro sofferenze e i loro silenti sacrifici, ovvero le loro storie umane percepite e sapientemente recuperate dall'oblio, che Bellia non esclude dalla nostra memoria storica e dal nostro presente. Ma Nino Bellia, come pochissimi artisti che colgono l'essenza spirituale universale dalla espressione dei particolari viventi, canta la vita e pone all'attenzione e alla nostra comprensione "il disagio" che diviene documento senza enfasi alcuna, capace di donarci ulteriori riflessioni, ma anche per ammonirci sulla esuberante effimera civiltà consumistica, che esclude "i vinti" direi " i non protagonisti" del duro quotidiano lavoro. In questi freddi e piovosi giorni di gennaio, Nino Bellia mi accoglie nel suo gradevole studio con la solita cortesia, e mi parla dei grandi fotografi italiani che ha conosciuto nei loro "workshop" tenuti in Sicilia sul finire degli anni Ottanta: Gianni Berengo Gardin, Mauro Vallinotto, Ernesto Bazan, Franco Villani e Maurizio Ascoli; del suo lavoro e delle tantissime iniziative dove ha esposto ed espone le proprie immagini, in Italia e all'estero: Austria, Polonia, Brasile; al Centro Culturale italiano di Stone Park (Chicago, Illinois-USA negli anni 2005, 2006 e 2008); al Museo Guttuso di Villa Cattolica di Bagheria, prestigioso luogo d'Arte dove sono già esposte alcune fotografie di questa significativa antologica; a La Plata (Argentina), ma soprattutto mi sussurra a bassa voce, e con grande emozione: "Queste immagini sono il mio migliore testamento, questa è una selezione di circa 50 foto scattate nella nostra Sicilia. Sono queste figure anonime che ci donano tutta la loro umiltà, tutto il loro muto eroismo".
Giuseppe Fumia, giornalista.
L'arte di Nino Bellia - Dal Catalogo Mostra Personale Sicilia la mia Isola
Nino Bellia, da taluni critici è stato definito maestro della fotografia espressiva, da altri fotografo d'anime, della solitudine e del dolore, da altri ancora cantore del paesaggio e del folklore. Noi che abbiamo avuto la fortuna di ammirare, in privato e in varie mostre, centinaia delle sue foto, e abbiamo osservato in che modo egli si accinge di volta in volta a fissare l'occhio della sua macchina su ciò che intende immortalare, più correttamente crediamo che Bellia sfugga ad ogni catalogazione.Nino ha non solo quelle qualità, ma ne possiede tante altre che fanno di lui un vero maestro della fotografia. Tale rimane, sia che fotografi il volo di un gabbiano o il volto di un contadino solcato da rughe profonde o il fregio architettonico di un antico palazzo o il muro scrostato del villaggio. Infatti, le sue foto, frutto di paziente lavoro, di uso altamente professionale, e soprattutto appassionato, della macchina fotografica, raggiungono un risultato esaltante, e insieme commovente, che non si estingue allorché smetti di guardarle e volgi lo sguardo altrove. Continuano ad accompagnarti perché le immagini fissate da Bellia hanno un'anima. Sissignori, un'anima.Ricordo che tanti anni fa, quando frequentavo il liceo "Amari" di Giarre, il mio insegnante d'Italiano sentenziava che soltanto la pittura e la scultura assurgono a dignità d'arte, mentre la fotografia non è altro che una mera riproduzione meccanica e automatica della realtà che ci circonda. Oggi invece, anche perché la tecnica fotografica ha fatto passi da gigante, si pensa in maniera diametralmente opposta. Sappiamo bene oggi, infatti, che il clic di taluni fotografi è in grado di produrre vere opere d'arte che riescono a commuoverci e ad affascinarci non meno di un quadro o di una scultura. Ebbene, Nino Bellia è vero autore d'arte, un artista completo che riesce a costruire con la macchina fotografica veri gioielli di studio in cui trasferisce sensibilità, carica emotiva e calore espressivo: un'anima, appunto.
Già Cicerone in De Senectute aveva scritto su come affrontare la vecchiaia; in genere siamo portati a guardare gli anziani con distacco come se vivessero una loro vita autonoma e isolati dal resto della collettività; riferendo esempi più recenti vediamo Claudia Cardinale fotografata bellissima in età giovanile ed ora nella maturità un'affascinate signora; Antony Quinn intervistato sulla vecchiaia ha detto: come esiste la primavera e l'estate esiste anche l'inverno ovvero il tramonto della vita, ogni età è bella e non va sottovalutata; la nostra dissertazione sulla vecchiaia, si racchiude con le meditate parole di Giacomelli: " è un arricchimento dello spirito e dell'intelletto per un giovane conversare con un anziano.. .una sensibilità che potrebbe essere travasata....il vecchio ha bisogno del giovane per camminare, ma il filo di voce, il bassissimo volume di un vecchio, è un dono del quale i giovani avrebbero bisogno...". Di questi scritti e pensieri ha fatto tesoro Nino Bellia, dando con la sua arte fotografica una nobiltà ed una dignità al mondo degli anziani, se è facile e direi naturate predisporsi verso il mondo dei giovani, diventa difficile mettere in risalto, descrivere con immagini un volto grinzoso o delle mani piegate da anni di lavoro, occorre da parte dell'artista sensibilità e sentimento. Tra le altre foto esaminiamo "conforto", due vecchi l'uno accanto all'altro, l'uomo con il capo chino e la donna accanto che lo incoraggia e lo sostiene, sono tutti elementi che recano beneficio alla causa della vecchiaia e che nobilitano una stagione della vita da non sottovalutare e che non è da saltare a pie pari verso la fine. La terza età raffigurata, con affetto ed amore da Bellia è un esempio di come la conclusione dalle vita va centellinata ed assaporata come una qualsiasi stagione, sia essa l'infanzia, l'adolescenza o la maturità. Osserviamo una donna che raccogliendo piante si inchina con la stessa grazia con cui una ballerina del Bolshoi raccoglie applausi; è la vita che nel suo lungo scorrere si presenta a volte triste ed isolata ma la destrezza e l'abilità del fotografo riscattano ampiamente volti scarni, mani grinzose, incedere stanco con la cura e l'attenzione di un figl i o amorevole. La campagna, la vecchiaia, spesso gli animali o la distesa del mare sono elementi di un'arte che viene dall'interno, la poesia dell'animo vista per immagini, il volto oscuro di un "vecchio" illuminato dal sentimento di Nino Bellia.
Nino Longo, già Ass.re Cultura Comune Termini Imerese
Sicilia, paese di sole e di luce, commistione di bellezza di natura e d'arte, paese stupendo benedetto da Dio e malmenato dagli uomini. Che cosa non se ne potrebbe fare.
Così scrivono alcuni viaggiatori incontrando la Sicilia per la prima volta, rilevandone la storia, la poesia, l'esplosione di bellezza e di contrasti, il mare e i monti, i templi e le casupole, la Svezia e l'Africa, la mafia e l'omertà. Questa è la Sicilia che Nino Bellia ci vuole offrire descritta e sublimata nelle sue fotografie.
Giuseppe Mendola, critico d'arte, Palermo, 16 maggio 2000
Nelle foto esposte
nel complesso monumentale di Santa Maria allo Spasimo che
dispiegano cinquant'anni di promozione culturale a Palermo si
legge una pagina di storia. Una documentazione segna un arco di presenze
impegnate condotte dal mecenatismo del compianto Fausto Flaccovio.
Sommandone le immagini rappresentative si rimane imbrigliati
dalla riflessione sull'abilità dei professionisti della
fotografia e dei fotoamatori
per la produzione di un lavoro che diventa nel tempo spinta allo spirito critico e messaggio
d'arte. Ribadendo l'utilità del mondo fotografico è da aggiungere che più pregnante e meritevole risulta la
mostra fotografica per le vive testimonianze
presentate nell'Area di Servizio d'Arte a Villa Niscemi da Nino Bellia. Dalla
nota documentaria allo sprint creativo: memoria e capacità introspettiva sono gli elementi cardini che impegnano lo
spazio per impostare un vissuto
selezionato dall'indagine dell'artista. Coagulando l'essenzialità e superando l'impatto della
immediatezza vi è il trionfo della realtà raccontata sinteticamente come storia
nell'alveo di una situazione
sociale. Bellia testimonia nell'immobilità di una espressione significativa l'immane
fatica che emerge prepotente. La tecnica e il mestiere di Bellia potenziano
l'immaginario con gioco di luce agevolando le angolature fotografiche. La
positura dei personaggi e la scena aperta del paesaggio, fermati nelle
foto del Bellia, danno motivo di coinvolgimento ed agevolano a capire
gli orientamenti artisticamente sottesi. Collegamento storico-letterari, fantastico-simbolici,
pastorali e poetici sposano
la polivalenza semantica nella forma immediata della sensazione. Il linguaggio adottato
dal Bellia parte dalla maestria di innata chiarezza dell'artista
che, con pose estremamente fascinose, danno un riscontro ideale
alla funzione fotografica. Allora la foto diventa gioiello di
studio, complessità di
risultati per essere
opere d'arte. Con sensibilità e competenza, dedizione e carica emotiva Antonino Bellia
sa amministrare le sue risorse e trasmettere calore espressivo e realtà visiva pari al suo sentire.
I luoghi della solitudine, alla libreria Dante di Palermo, la Mostra di Nino Bellia Fotoamatore per vocazione.
Attualmente parte della critica fotografica ufficiale italiana e molti fotografi "impegnati" nutrono una specie di idiosincrasia per il termine fotoamatore, corne se quest'attributo fosse da riservare ad un genere di fotografi dilettanti di scarsa preparazione e in via di estinzione. Le stesse persone poi giustamente osannano nomi come Cavalli, Monti, Berengo Gardin e Giacomelli, dimenticando come questi non solo si siano formati corne fotoamatori, ma, corne nel caso di Cavalli e Giacomelli, fotoamatori si sono sempre considerati; fotoamatori, non fotografi dilettanti o appassionati di fotografia. Gran parte della storia della fotografia italiana è stata fatta da circoli amatoriali come La Gondola, la Bussola e il MISA che hanno contribuito a far uscire la fotografia italiana dall'isolamento internazionale in cui era stata relegata durante il periodo fascista. Nino Bellia, classe 43, impiegato, è fotoamatore per vocazione. Dal 1988 aderisce all'ANAF (Associazione Nazionale Arti Fotografiche), prima come socio poi come dirigente. In seno all'ANAF gli sono stati attribuiti i titoli onorifici di TECANAF per meriti tecnico artistici e di ORGANAF per meriti organizzativi. Sue foto sono apparse sul Giornale di Sicilia, La Sicilia, La Stampa, La Gazzetta del sud, La Gazzetta Ionica, l'Illustrato Fiat, Fotografare, Foto Pratica, Reflex, Annuari ANAF (dal 1989 al 1993), Notiziario ANAF, Rivista Palermo, Ciao Sicilia, Sicilia Tempo e vari cataloghi di mostre. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in concorsi fotografici nazionali, ed esposto in mostre personali e collettive in Italia e all'estero. Bellia è un autore che sa esprimersi disinvoltamente sia col colore che col bianconero di cui tratta in proprio il processo di sviluppo e stampa, e che considera la fotografia un "medium" privilegiato per fare cultura, per acquisire una maggiore conoscenza della realtà, e restituircela poi filtrata e reinterpretata dal vissuto personale. La serie di foto "I luoghi della solitudine" in mostra alla libreria Dante dal 1/9/93 al 20/9/93 tratta il tema degli anziani e dell'isolamento in cui spesso sono relegati da una società ormai tesa a rincorrere i miti del successo e del denaro. Gli anziani di Bellia sono gente di umile origine, contadini che mostrano nei volti e nelle mani i segni del tempo e del lavoro. In un'efficace serie di ritratti ambientati l'Autore li presenta a volte in atteggiamenti di serena soddisfazione, altre di cupa rassegnazione come nella bellissima foto "Conforto" dove una donna anziana dal volto scavato dalle rughe sembra voler consolare il suo uomo posandogli dolcemente una mano sulle spalle. Un gesto cosi dolce, sembra dirci Bellia, forse può riscattare tutta una vita di stenti. Ecco come un'immagine da sola può diventare una storia, e non aver bisogno di nessuna parola e nessuna didascalia esplicativa. Spontaneamente affiorano alla mente le immagini dei vecchi all'ospizio di Mario Giacomelli, e le bellissime parole con cui Giacomelli si è espresso sugli anziani, e che sono riportate da Enzo Carli nell'articolo "II filtro del tempo: la vecchiaia dalla macchina fotografica di Mario Giacomelli", che ben si prestano a concludere questo testo: "C'è una notevole distrazione nei confronti della terza età. E' un arricchimento dello spirito e dell'intelletto per un giovane conversare con un anziano che ha imparato ad amare le cose, e vissuto senza confusioni, e che ricorda il profumo del pane. Una sensibilità che potrebbe essere travasata, che potrebbe arricchire gli altri. Il vecchio ha bisogno del giovane per camminare, ma il filo di voce, il bassissimo volume di uni vecchio, è un dono del quale i giovani avrebbero bisogno. A me non piace molto la parola solidarietà, non la intendo. Ai vecchi non è successo nulla. Qualcosa di grave è accaduto a chi non si accorge più di loro".
Carlo Montarsolo, Antonino fotografo di talento
Antonino Bellia interpreta la festa della natura con tecnica smaliziata e taglio singolare.Doti che in un fotografo sono essenziali per diventare - nel proseguo della maliosa attività amatoriale - "diversi" rispetto ai tanti appassionati dell' immagine fotografata. Essere "diverso" è tentare di diventare "unico" in materia. Forse il segreto sta nel cercare non sempre il "bello" e il "piacevole" per la propria macchina fotografica, bensì il "non bello" e "lo spiacevole" da rendere, con lo scatto, mirabilmente evocati. In pittura è lo stesso. Le desolate, insignificanti, "brutte" bottiglie di Giorgio Morandi, sono assurte, attraverso il suo magico dipingere, a bellezza espressiva del tutto inimitabile. E' una esortazione per Antonino, fotografo di talento.
Montarsolo Carlo: 29.05.1922, Terni - 23.07.2005 Roma.
Vincenzo Montarsolo, Bellia alla "PHOTO BELLA", Napoli, con I Luoghi della solitudine
In agosto e fino alla fine di settembre si è svolta la personale di Antonino Bellia. L'artista siciliano ha presentato il suo reportage che più ha fatto scalpore negli ultimi anni (la mostra è stata portata anche in Austria) dal titolo: "I luoghi della solitudine". Antonino Bellia è un maestro della fotografia espressiva e si avvicina moltissimo ai grandi della pittura espressiva tedesca. Nella mostra, che ci ha dato modo di vedere, si nota la bellezza dei volti di anziani contadini e di altri artigiani che, rimasti soli, hanno su di loro quelle rughe attraverso le quali possiamo leggere la disperazione di questo loro stato. Antonino Bellia tratta questo argomento con poesia e con tecnica sopraffina, raggiungendo altissime mete espressive. Attraverso i volti di coloro che ha fotografato possiamo leggere le loro anime e quindi è con ammirazione e profonda stima che chiediamo all'artista di non lasciare questi suoi temi che ci aiutano a vivere e a capire ciò che si nasconde dietro uno sguardo o una ruga. Per conoscere la grandezza di queste sue opere riportiamo la critica di Giovanni Cappuzzo: "Bellia fotografo d'anime" "Rinaldo Prieri nel parlare di Antonino Bellia, «fotografo d'anime», afferma che in realtà «la rappresentazione della figura umana, che è il soggetto più frequentato dai fotografi di tutto il mondo, è di fatto la più difficile da affrontare», per una serie di motivazioni di vario genere. Anzitutto c'è sempre qualcosa di ignoto e di complesso, a cui si deve ad ogni caso ricondurre quell'universo espressivo che soprattutto il volto umano racchiude nella serie delle sue strutture morfologiche e nella varietà delle forme e delle connotazioni fisionomiche che trovavano la loro componente più interessante nell'espressione degli occhi con tutto quell'entroterra psicologico che si evidenzia agevolmente al fondo della pupilla. (..............).La fotografia allora travalica di gran lunga la semplice documentazione di una condizione umana e di una problematica sociale quale quella degli anziani, e riporta alla nostra visione squarci di un vissuto amaro e sconsolato, segnato da una una sorte di punto dolente in cui memoria e realtà, nostalgia e ricordi formano un tutt'uno denso e palpitante. Lo spessore evocativo ci coinvolge in un'avventura fatta di ambientazioni e di movimenti reali affidati allo strumento delle immagini di anziani e di vecchi secondo un ritmo interiore che ce le fa sentire più vicine e più vere, come di un percorso che la memoria ha segnato e ha tracciato di una sua presenza. Allora ogni singola fotografia si srotola con grazia quasi come pagine di un diario vissuto". Ringraziamo Antonino Bellia per averci dato l'opportunità di esporre le sue opere, sperando che voglia essere ancora con noi l'anno prossimo. Ringrazio , come al solito, anche la "Photo Bella" di Gianni D'Andrea per aver concesso la sua sala mostre.
Rinaldo Prieri, già Commiss. Cultur. FIAF, Bellia, fotografo di anime, Torino, 25 marzo 1992
La rappresentazione della figura umana, che è il soggetto più frequentato dai fotografi di tutto il mondo, è di fatto la più' difficile da affrontare, perchè mette sempre il fotografo di fronte ad un che d'ignoto e, d'altra parte, non lascia molto spazio all'inedito. Cosi sono in sostanza i ritrattisti quelli che hanno dato assai più peso all'interiorità delle loro figure che ai loro caratteri fisionomici puri e semplici. Dal grado in cui sono stati capaci di coglierli si misura la loro genialità e il loro acume psicologico. Ci troviamo insomma di fronte ad una situazione introspettiva spesso sfuggente, e tanto più' quando il quadro ritrattistico si prospetta in un ambito etnico dove tutto si presta allo scavo fisionomico, ma dove il luogo comune vatenuto sempre decisamente lontano. Non basta accentuare 1l volume delle labbra di un negro per rappresentare la sua "negritudine". Troppo comodo. Il fatto che sia stata proprio una scena di alta sofferenza a farmi attento alle capacità introspettive del fotografo siciliano Antonino Bellia è sintomatico delle suddette riflessioni giustamente convogliate in un affresco di umanità siciliana sotto il titolo "I luoghi della solitudine". Questo per far capire che di essa ciò' che conta non sono le rughe dei volti (uguali in tutto il mondo) un sorriso incerto, uno sguardo lontano, un gesto di lavoro, quanto saper cogliere l'interiorità' di un'esistenza che fuoriesce dal contesto ritrattistico per adagiarsi su un terreno narrativo di cui le singole immagini compongono il tessuto. E' sempre la narrazione che guida i ritmi su cui si dipana la vita dei personaggi nel loro ambiente. Nelle figure di Bellia questa narrazione si srotola soprattutto intorno a momenti chiave che di volta in volta hanno il nome del mestiere, della siesta, del pensiero accumulato negli occhi , del sentimento religioso, del dolore ineffabile, come in quella fotografia di donna che consola il consorte dal capo chino sulle mani incrociate per nascondere il pianto, certo una delle più sintomatiche del nostro autore, ma a cui fanno forte contrappunto gran parte di altre situazioni, dove non c'è posto per i mezzi termini, quelli cioè del dire e non dire, perchè portate tutte a pronunciare il sentimento dell'umano, come in "Insieme 2", in "Similitudini" dal rigoroso simbolismo, in "Riposo", in "Devozione" di toccante regia, devozionale appunto, a cui si può accostare bene, in termini di candore paesano, il bellissimo, quasi furbesco sorriso della "Donna del Sud". Il tutto misurato lungo un metro di espressione controllata e veritiera ad un tempo.
Carlo Puleo, pittore, scultore, poeta e scrittore - 25 novembre 2003
Ho conosciuto le foto di Nino Bellia in casa del poeta Ignazio Buttitta: stavano appese sulla parete fra le cose a lui più care. Ne rimasi colpito al punto che volli chiedere al poeta di chi fossero quelle foto di così cruda drammaticità. La sofferenza, la solitudine degli anziani venivano messe a fuoco da un punto di vista d'inedita lucidità. Il poeta mi disse: "Sono le foto del figlio di Gaetano Bellia, mio amico e poeta. In queste foto ritrovo il talento del padre". Da quell'incontro con le foto di Bellia sentii la necessità di conoscere anche l'uomo e in seguito nacque un'amicizia e una collaborazione che dura da circa vent'anni. Per chi, come me, vive ed opera nel mondo del sensibile, di forme ed immagini, immediata è la percezione del talento e sensibilità artistica. E' difficile, nel campo della figurazione realistica, trovare inedite angolazioni espressive. Nino Bellia le cerca, le trova, mostrando la padronanza di un vero poeta della fotografia.
Vittorio Rotolo, Mostra Fotografica Il mare e la sua gente
Palermo 21 luglio 2003, Servizio TeleOne - AntennaUno
Si chiama "Il mare e la sua gente" l'ultima mostra fotografica realizzata dall'artista Nino Bellia, catanese d'origine, ma ormai da anni trapiantato a Santa Flavia. Un'esposizione inaugurata venerdì scorso nella galleria Focus, situata all'interno del centro Fotottica Randazzo di Via Ruggiero Settimo a Palermo, e che resterà aperta tutti i giorni fino al prossimo 25 luglio. Scatti che immortalano la bellezza del mare e tutto quello che, in qualche modo, ne è protagonista. Stavolta Nino Bellia, peraltro vicepresidente dell'Uif (Unione Italiana Fotoamatori) che presenta e cura l'evento, non ci regala foto in bianco e nero, sua predilezione, ma a colori favorendo dunque l'occhio dello spettatore nell'ammirare paesaggi e, soprattutto, volti. Quelli di gente comune, pescatori, fotografati in vari momenti della propria giornata. Mentre è in casa; e poi, in primo piano a contemplare l'immenso spettacolo proposto dalla natura; ed infine intento a lavorare, con cura ed anche sapienza perché no, le reti da pesca, lo strumento indispensabile. Nino Bellia è un'artista completo perché sa come raccogliere ogni sfaccettatura di un singolo argomento. Ed allora, se diciamo mare, l'artista sa cogliere l'attimo fuggente di un'onda, un cavallone catturato dall'obiettivo nel suo momento cruciale. E poi i gabbiani, in una giornata solare, capaci di spiegare le ali con quella purezza che li contraddistingue, in quel cielo macchiato soltanto da mille nuvole bianche.Tante sono le emozioni regalateci da Nino Bellia, artista apprezzato non soltanto in Italia ma anche all'estero: numerose sono le sue immagini pubblicate su importanti riviste, così come numerosi sono i premi conseguiti nel corso della sua lunga carriera. E per ultimo, ancora qualche altro momento con il mare attraverso le barche ed un tramonto: quei raggi che, al calar del sole, danno al mare una luce intensa, quel rossastro che non fa altro che calamitare l'attenzione di chi l'osserva.
Antonino Russo, Nino Bellia: fotografo Per vocazione
Quello del
fotografo e un occhio che vede al di là della figura e, qualche volta, anche al
di dentro. Nino Bellia, fotografo per vocazione, usa l'occhio meccanico della
sua macchina fotografica per scrutare la realtà che lo circonda, alla ricerca
della foto d'effetto. A questo scopo è sempre attento a cogliere l'angolazione
giusta, capace di rendere più suggestiva l'immagine del luogo riprodotto,
sempre pronto a carpire l'attimo idoneo a rappresentare una significativa scena
di vita. Il suo è un lavoro di ricerca assiduo e diligente che traspare dalla
linearità delle figure che compongono il suo universo fotografico, dalla
pulizia del colore e dalla serenità che ispirano i suoi personaggi. Nino Bellia
è particolarmente attento allo studio dei vari aspetti della figura umana, non
solo per il lato estetico, ma anche per
i risvolti interiori che possono essere colti nell'attimo dello scatto e
impressi nella carta. Sono ottimi irripetibili che, per abilità e a volte per
fortuna, il fotografo cattura e sottrae al divenire incessante della realtà. La
sua lunga militanza nel settore, i contatti con altri fotografi in occasione
delle numerose mostre alle quali ha partecipato, fanno di Nino Bellia un
esperto nel settore della creatività dell'immagine.